“Dove stiamo andando?” mi chiede, mentre guarda il panorama fuori.
“Ti porto in un posto speciale, fidati” le rispondo, senza tradire la minima emozione.
Quaranta gradi e finestrini abbassati. All’interno della macchina l’aria condizionata batte all’altezza delle mani e quando ci sfioriamo, sentiamo un brivido di quelli che ad agosto hanno il potere di cambiarti la giornata. Perché il refrigerio non intacca il calore di chi si cerca, e si tocca. Una volta, due, poi le mani si stringono e si scaldano. Dove stiamo andando, non è importante. Non per lei, perché io ho in mente un posto speciale di cui ignoro il nome, la localizzazione e persino la specialità culinaria. Ho ricordi vaghi: una specie di tavola calda sul lago, una piadina, forse una crescia, da farcire con affettati e formaggi tipici, un luogo che si chiama Magione.
“Ma è in Umbria questo posto dove stiamo andando?”
Tanto ci arrivo. Voglio dire, esistere esiste. Non può sfuggirmi. Devo solo ricordarmi le keyword giuste. Piadina, lago, Magione, il nome di una signora. Anna. O Lucia. O qualcosa del genere. Vado su Google, attento a tenere la strada e a non farmi scoprire da lei. Sulla strada non ho molte difficoltà perché su quella traiettoria ci siamo solo noi. Da Lucca all’Umbria avrò superato tre macchine in tutto, chi è quel pazzo che si mette in macchina e attraversa l’Italia in un lunedì di inizio agosto? È lei la grande incognita, perché mi scruta, capisce sempre quando non sono sicuro, e con due domande può rovinarmi le sorprese. Alzo il volume della radio, la distraggo con un pezzo dei Negrita, mentre con il pollice della mano destra mi muovo tra le recensioni di Trip Advisor.
“Da Maria, la torta più buona che ci sia”, Magione.
Maria. Potrebbe essere, ma io non cerco un posto dove si mangiano dolci. Eppure Google non ne vuole sapere. Continua a propormi questa torta, ed altri locali di Magione che non mi sembrano in linea con la mia ricerca. La ricerca si fa frustrante, perché quando prometto una sorpresa odio offrire un surrogato, sebbene lei non se ne accorgerà mai. O peggio ancora svelare che non so dove sto andando. È che a volte mi basta un attimo di felicità a rendere speciale un luogo e fissarlo per sempre tra i preferiti della mia memoria. Stellina, salva con nome. Solo che io il nome me lo sono dimenticato. Ero stato in quel posto qualche anno prima e avevo sorriso, e tutto mi era sembrato buono. Il salame, il vino alla spina, i primi da asporto. Dai Google, cazzo. Lo so che puoi aiutarmi. Facciamo così, io ti racconto i miei ricordi di quella giornata, gli odori, i volti delle persone che erano con me, il sorriso di chi non c’è più e tu mi dici dove devo andare. Non farmi fare brutte figure, ormai gliel’ho promesso. Le prendo la mano. Mi giro e sorrido.
“Ci siamo quasi, dovrebbe essere da queste parti”, il navigatore del telefono mi dice che Magione è a cinque chilometri da lì. Mi fido della mia memoria visiva, arrivato lì ricorderò la strada che avevo percorso qualche anno prima e troverò quel parcheggio sul lago e un’insegna che mi darà il benvenuto. Chissà come faceva, un tempo, la gente senza navigatore.
“Assaggiate la torta di Maria, è davvero un capolavoro” scrive un tizio nel forum che sto consultando con la coda dell’occhio.
“La torta al testo di Maria è uno dei dieci motivi per cui vale la pena visitare l’Umbria” scrive una certa Sara qualche riga più in basso.
Abbiamo aggiunto un particolare non indifferente alla ricerca. “Al testo”. Suona male, personalmente non cambia le carte in tavola, ma è un valore aggiunto e mi convince a proseguire su quella strada. Un cartello mi avvisa che siamo arrivati a Magione, 14.819 abitanti. Mi sono sempre chiesto chi diavolo fornisca certe stime. Cioè, chi gliela fa fare ad essere così precisi. Metti che uno domani vuole andare ad abitare nel paese accanto, chi se ne accorge? Ottocentodiciannove, e una sarà questa Maria che prepara la torta al testo. Me la immagino come nonna papera mentre dà da mangiare alle oche. Lei che è una papera. Divago. Nel frattempo abbasso il volume della musica, perché quando cerco un posto devo concentrarmi. Mi dirigo verso la sponda del lago che guarda a occidente, nella zona di Sant’Arcangelo e il cartello Magione è già alle mie spalle. Il cielo è così terso da far sembrare limpido il lago. Verrebbe spontaneo fermarsi, e godere anche solo per un attimo di quell’incanto. Il tempo di un pensiero, o di una foto da mettere su Instagram. Non ho pregiudizi di alcun tipo, io.
Faliero, da Maria recita il cartello. E anche il parcheggio somiglia proprio quello dei miei ricordi.
“È questo il posto?”
Vorrei risponderle di sì, in maniera ferma e sicura, ma vorrei prima cogliere qualche altro indizio.
L’ingresso, gli odori, la vista sul lago. Qualcosa torna, qualcosa no. Fino a quando non arriviamo al bancone.
E subito è un tripudio di verdure pastellate, cresce e prosciutti stagionati.
“Amore che prendi?” le domando soddisfatto, inizio a realizzare che quello è davvero il posto che cercavo.
“Non so – si guarda intorno – che dici prendiamo la crescia con i salumi?”
“La torta” ci corregge una signora anziana. Severa, ma a fin di bene.
Alzo lo sguardo verso i cartelli scritti a mano, con un pennarello nero su carta riciclata color paglia.
La torta al testo di Maria.
Intuisco che il nome mi aveva portato fuori strada. E anche Google non se la passerà bene con quel termine lì.
Ma la tipicità conta più della seo, e le storie più delle parole chiave.
“Ci faccia un bel tagliere di salumi e formaggi e una torta abbonante. Per due. La mangiamo fuori, sul lago”.
“Va bene signore, accomodatevi pure, ve la porto io”.
Fuori ci sono quaranta gradi. Le zanzare che vengono dal lago e un’umidità che nemmeno a Pasadena durante la finale dei Mondiali. Quella dei crampi di Baggio e Baresi. Le nostre mani sono ancora fresche di aria condizionata, io e lei non parliamo, ci diamo un bacio veloce ma non per questo distratto e ci giriamo verso il lago. Arrivano i taglieri carichi di formaggi di ogni qualità: freschi, stagionati, morbidi. Lonza, mortadella con i pistacchi, un prosciutto di oca che si sceglie in bocca. Il ciauscolo da spalmare sulla torta al testo, ove scopro che il “testo” non è un ingrediente o una farina, ma il nome del piano cottura dove vengono cotte. Ed è dolcissimo scoprire che la torta è salata, come salate sono le sue labbra, anche se siamo di fronte al lago.
“Ti amo quando mi fai una sorpresa. Sei così dolce” mi dice.
A volte le parole ingannano, i sapori no. Non ricordo altre parole di quella giornata. Ma so di essere stato felice. E di aver visto i suoi occhi brillare davanti ad un lago. Poi un bacio lungo, rustico, accalorato. Salato. Come quella torta di Maria.