La mia estate ha la forma, e il sapore, dei nodini di mozzarella. Ora che sta scivolando via, insieme ad un altro tramonto che scalda sempre meno, riesco ad intravederne la bellezza primordiale, quella che nei primi giorni mi sembrava, banalmente, normalità.
Nell’estate in cui ho perso mia madre, credo di aver ritrovato la mia terra. Quaranta giorni, come una quaresima, una passione dolorosa e violenta, fitta come una sassaiola, come la tosse che non mi ha mai lasciato da quando lei non c’è più. Eppure riesco a ricordare solo risate, il rumore dei tuffi e il colore dell’acqua dei nodini di Speziale. E no che non vorrei, perché adesso che sto per chiudere casa, per tornare altrove, alle mie occupazioni e al mio lavoro, vorrei provare solo una sensazione di liberazione. Da un’estate che mi ha tolto quanto di più prezioso avevo.
Invece vedi cosa succede a rispondere alla morte con la vita? Succede che poi ti siedi, ti fermi e non sai dove sono finiti i brutti ricordi. Il lutto, il dolore, le preoccupazioni, tutte sostituite da quanto di più bello e prezioso esiste al mondo: la semplicità. Erano passate due giorni dal lutto quando abbiamo pranzato a base di friselle e nodini a Lido Silvana. E la sera che siamo arrivati a Rosamarina ci siamo fermati da Crovace a comprare le mozzarelle. “Puoi aggiungere anche due burrate, grazie?”. Non c’è stata festa in un trullo, o in masseria, dove non fossero presenti vaschette piene di nodini, tanto che ad un certo punto ho pensato di fondare una religione che prometta, nell’aldilà, di poter fare il bagno nell’acqua delle mozzarelle assieme alle vergini e ai nodini.
Persino quando dalla Puglia ci siamo spostati in Campania, abbiamo soltanto sostituito il fior di latte con la bufala, e quei bocconcini ci hanno accompagnato in gita in barca, su un mare che più blu non si poteva. Il colore della china, le correnti di acqua fredda che venivano dal fiume. La pizza di scarole fatta in casa, altro che il sushi. Penso che capirò cosa è successo questa estate solo tra qualche anno, quando a freddo ripercorrerò le tappe di una quaresima laica tra trulli e masserie, tra frantoi e dune di sabbia.
Senza scappare da niente, semplicemente portandomi il dolore di stazione in stazione. Respirando intensamente, allontanando l’ansia, rimandando il da fare, cercando un posto nel mondo, che poi quel mondo è sotto casa.
Quanto è difficile dirsi che è stata un’estate meravigliosa, nonostante tutto. E quanto vorrei dire, oggi, “Scusatemi ma io resto qui, perché questa è casa mia e altrove non lo so se trovo dei nodini così”. Rifaccio la valigia, l’ennesima, e mi perdo negli occhi di chi resta. Di chi saluta e chiude la porta per poter tornare alle proprie occupazioni. Di chi aspetta, di chi si ferma, di chi dice “chiama quando arrivi” e poi puntualmente mi scordo, soprattutto da quando non ho più genitori da avvisare.
No, non ho nessuna voglia di dimenticare l’estate del 2017, perché è stata incredibilmente bella, e vera. Io, l’amore della mia vita, i letti da fare e disfare, le lenzuola pulite, gli asciugamani dolci e quelli salati, le bombette, i gli amari del capo, le colazioni improvvise, il naso spellato, la tosse che oggi è passata. Ma so che mi mancherà anche quella, come le mani di mia madre, nei giorni in cui non riusciva più a parlare, ma voleva dirmi qualcosa di importante. Ci provava, si affaticava, mentre io mi piegavo per ascoltarla. Poi si fermava, allargava le mani per fare quel gesto che significava “Che ci vuoi fare amore mio, vorrei dirti una cosa ma proprio non ci riesco, si vede che deve andare così”. Una frase la cui unica traduzione è il suo proverbiale “C’amma fa”. Chissà cosa mi avrebbe voluto suggerire. Sono sicuro che non mi avrebbe parlato di come sbrigare le faccende burocratiche. Forse mi avrebbe detto soltanto di godermi la vita, di prendere tutto e andare al mare a farmi un bagno “Sei bianco cadaverico figlio mio” – mi disse tre giorni prima di salutarmi per sempre – , o almeno questo è quello che ho voluto capire io.
Nell’estate in cui sarei dovuto restare a piangere, io mi sono goduto la vita. Nell’estate in cui sarei dovuto andare via lontano, mi sono innamorato della mia terra. La sabbia è meno bollente, oggi, la birra meno gelata. Molti hanno fatto ritorno a casa. Io resto qui ancora un po’, se non vi dispiace. Al massimo mi fermo a comprare due nodini al ritorno. Sapranno di un’estate strana e di un bellissimo controsenso. Aver visto di che forma è fatta la vita, qualche giorno dopo aver conosciuto la morte. È la forma è quella dei nodini di mozzarella pugliesi.