Togliere l’amicizia, defolloware, cancellare numeri di telefono e chat.
Fare il vuoto.
Ogni tanto è meglio seguire la pancia e premere quel tasto senza possibilità di ritorno.
È propedeutico. Curativo.
Chi va via per l’ennesima volta senza salutarti, chi ti cerca senza mai trovare il tempo di vederti è qualcuno che non merita spazio nella tua vita. E nell’agenda.
Anche perché, al giorno d’oggi, una telefonata non costa quasi nulla.
Se la fai su skype costa ancora meno.
Giusto il tempo di trovare un motivo, anche stupido, per farsi sentire.
Ma probabilmente è proprio quello.
Lo stupido c’è. È il motivo che manca.
E allora ciao.
Io ho finito il tempo. Ho finito i minuti. Ho finito le bugie che mi racconto da sola per stare a sentirti.
Ho finito l’amore.
Ho finito anche la stima.
Sono proprio al capolinea di questo viaggio che pensavo fosse un po’ più divertente.
Pensavo che ci fosse una meta. O che almeno avresti avuto il buon gusto di voltarti e dirmi “grazie per la compagnia” prima di scendere al volo.
Ma va bene. La strada è lunga, il mondo è grande, il mio biglietto è ancora valido.
Io da qui non faccio altre fermate, quindi per favore non prenotarti per un prossimo, improbabile giro.
Fanculo.
Scendo al bar qui sotto, quello dove ci siamo fermati mille volte e prendo un gelato.
Fernando mi chiede se voglio il solito e io gli dico di si meccanicamente perché non ci penso.
È abitudine nell’abitudine anche lui.
Mi allunga questo cono che sa di te, di vaniglia del Madagascar.
Comincio a leccarlo e poi niente, esco da qui e piango come una cretina mentre mangio il gelato che sa della nostra storia. Che dovrebbe essere buono e invece è così amaro.
Resto lì a guardarlo mentre si scioglie e mi vengono in mente le volte che l’abbiamo preso insieme, quasi sovrappensiero.
Che sapore ha una storia quando finisce?
Sa di te e delle volte che mi hai detto che ero importante.
Sa dei pomeriggi a fare l’amore di nascosto da tutti, inventandosi una riunione urgente.
Ha il sapore del mare, dove mi dovevi portare quando, stanchi e sudati, mi raccontavi dei posti dove vivevi.
Sa delle tue parole. Sa della fiducia che avevo e adesso non più.
Non ha più sapore questo cono che impasta la lingua.
Il cibo è buono quando sei buono tu, quando hanno sapore le storie che vivi.
Il cibo sa della vita che ci metti.
E questo gelato da sola, al bar, dopo che ormai ho capito che è finita, sa di disfatta.
Ha il sapore atroce delle cose che non voglio sentire più.
È l’ultima volta alla vaniglia. L’ultima. Non lo voglio più questo ricordo al gusto di te.
Lo butto nella raccolta differenziata degli amori da schifo questa storia andata a male.
Cestino tutto, insieme ai tuoi ricordi.
– Non era buono?- Mi chiede Fernando che è uscito a fumarsi una sigaretta.
– No, è che… mi ha stancata.
– Se vuoi ci sono i ghiaccioli
– Meglio un negroni.
E in certi giorni, quando ordini un negroni a metà pomeriggio con gli occhi lucidi, un barista sa sempre quanto forte te lo deve fare.