Da te si diceva ‘tirare una castagna’?
È assorto nel cercare nel fitto delle foglie. Con questi colori le castagne non sono facilissime da trovare.

-Mh?
Ci pensa un secondo, allora lei puntualizza:

– Tirare una castagna: quando uno ti tira un pugno chiuso sulla spalla.
Le sorride quando le vede mimare il movimento:

-No.
E torna a sondare il terreno per vedere se ne trova una.

Nonostante sia autunno gli alberi hanno ancora le chiome cariche che si stanno infuocando. La terra sa di umido, di humus, di terriccio grasso. Se ci scavi un po’ sicuro che ci trovi qualche lombrico preso a fare gallerie. Proseguono verso il fitto del bosco e si fermano: capisci che sei nel posto giusto quando tutto diventa un manto da fachiri; una coperta di aculei che si schiudono. Lì, è sicuro, hai sopra la testa un castagno.

-Quante!
Lei si incammina veloce. Maledice il fatto d’aver voluto mettere le scarpe da ginnastica: non che siano tanto più femminili degli stivali di gomma – quelli le sembravano davvero la morte della sensualità- ma con le scarpe sportive le spine ti trafiggono direttamente attraverso i calzini.

Appoggia il sacchetto dell’Esselunga a terra facendo attenzione che non si fori. Non le va di aver fatto tutta quella fatica per poi seminare castagne fino a casa. E poi quella delle caldarroste è stata una scusa: aveva voglia di stare un po’ con lui. Nulla di meglio che passare un pomeriggio in un bosco, da soli, senza nessuno intorno.

Lo osserva con la coda dell’occhio: non vuole che se ne accorga. Le piace spiarlo facendo finta di nulla. Sono un po’ a corto di argomenti: è capitato di vedersi al bar, in compagnia, di scambiarsi qualche messaggio su WhatsApp, ma nulla di più.

Oggi gli ha chiesto di venire a castagne per farle poi con tutti domenica.

La scusa della compagnia ti mette sempre in salvo dall’imbarazzo. Ma ora, lì, trovare argomenti è difficile. Non è uno che chiacchiera molto. Lei neanche. Hanno fatto fatica a trovare qualcosa da dirsi: il tema studi e compiti si è subito esaurito. E adesso sono lì, con i loro sorrisi imbarazzati e qualche sguardo un po’ più lungo del dovuto. Visto in giacca pesante e cappellino resta comunque carino.

L’ha osservato tutta l’estate anche quando giocava a calcio con gli altri: non le è sembrato male. Chiara le ha detto che è uno timido che difficilmente prende l’iniziativa, e lei di solito ha a che fare con quelli che sanno quello che vogliono. Trova un riccio particolarmente gonfio, ci sale sopra e schiaccia come se lo dovesse spremere con le piante dei piedi.

Il riccio si divarica e si apre, e in quel momento non sa perché le sembra una cosa molto sensuale… toglie con il bastone le castagne grasse e osserva la conca vuota del riccio che sembra quasi pelle bianca.

Si china per prenderle e si punge. Una fitta feroce al dito.

Toglie la mano e la scuote agitandola, come si fa con le scottature del ferro da stiro.

– Ahia!
È lui stavolta, pochi passi più in là.
Si guardano e ridono.

-Bastarde, eh!
-Cavoli! Stronze proprio! È che non vedi gli aculei: fanno un male!
-Vedere?

Gli prende la mano e fissa il dito. No, nessun ago conficcato, solo un puntino rosso a segnare il foro minuscolo e quel dolore che palpita come se ci fosse ancora. Le viene d’istinto succhiargli il dito, lo fa sempre anche con sua sorella quando si fa male. Una coccola, una roba da ragazzini…

Lui la guarda. Non toglie il dito, lo lascia lì. Forse è quello il momento. Forse si, per allungare il volto e provare a baciarlo. Ma se poi lui fa testina e si sposta via? Dio, non c’è cosa peggiore. E se poi non gli dovesse piacere? Ma se non lo fa lei forse lui non lo farà mai… e allora gli sorride, e a scanso di equivoci glielo chiede:

– Posso baciarti?
Lui le sorride.

Si avvicina al suo viso e allora si, così è più facile che succeda.

Ha un sapore strano, di caramella alla menta e the. Chissà che sapore avrà lei? Dio, ha mangiato abbastanza mentine dopo la sigaretta? Sente salire un caldo addosso, è meglio, molto meglio di quanto si aspettasse. È sicuramente diventata rossa. Non è un bacio lunghissimo. Sembra più un assaggio, quasi sospettoso.

Si guardano, si sorridono e le labbra tornano a inumidirsi le une sulle altre.
Le lingue scivolano, si toccano, i respiri si mischiano.

Sentono un rumore e si staccano, guardandosi attorno. Curioso come si diventi circospetti quando si ha a che fare col sesso. Si abbracciano stretto. Lei stringe il corpo al suo. Sente la sua erezione nei pantaloni. Si guardano da vicino e riprendono i baci.

Lui affoga le mani nel suo piumino corto, la stringe a sé prendendola per i fianchi. Le tasta con le dita il bordo dei jeans come a chiederle permesso. Lei trattiene il fiato perché le dita scivolino giusto un po’ oltre il bordo e facciano meno fatica a entrare.

Arriva a malapena al vello morbido, che porta incolto. Non è ancora il momento di farsi il problema su come depilarsi…Per fortuna che era timido!

Lei fa altrettanto. Troppo difficile spogliarsi, va bene così, giusto l’occasione di toccarsi, anche perché non sai mai chi puoi incontrare da queste parti. Lei ha le mani troppo fredde. Lui trattiene un respiro tra i denti e le labbra, quasi ridendo quando lei passa dal toccargli la pancia a dentro.

Si slaccia il primo bottone dei jeans e le fa un po’ più di spazio. Ogni tanto dall’alto, a tradimento, un riccio decide di suicidarsi e finire a terra, dopo un volo secco, si schianta con un rumore attutito dalle foglie.

Se dovesse caderne uno proprio lì, ora, adesso, la prenderebbe in testa con la mano nei suoi pantaloni. Riderebbero? Farebbe male? Ci metterebbe un attimo a sfilare il palmo? Fatto sta che cerca l’erezione dentro le cuciture, oltre l’elastico dei boxer, come si fa quando peschi un numero della lotteria e speri di essere fortunata. Già. Perché è tutto lì: una questione di fortuna, e se non esce il numero giusto resti con niente di fatto.

Poi lo trova, e si rende conto che deve cercare un attimo di più rispetto alle volte in cui le è già capitato. In quel momento le si materializza un pensiero poco elegante: “con questo al massimo mi punge”. Come una castagna. Una stilettata secca nei sensi. Quello che non dovresti immaginare, succede.

Chiude il pensiero in un angolo: l’abbaiare lontano forse è il suo cane.
Ok, accidenti, numero sbagliato, pesca poco fortunata, ma chissà come andranno avanti.
Sono troppo in là per trovare una scusa.

Troppo dentro le cose per fermarsi.
Vabbè. E poi chissà: magari col resto se la cava.