Poi ad un certo punto ho visto un ragazzo con una chitarra. Girava in spiaggia con il sole tra i denti. Improvvisava accordi e ogni tanto sorrideva alle giovani turiste tedesche. Mi sembrava di conoscerlo, solo che lo ricordavo diverso. Più timido, impacciato, mentre lui camminava a testa bassa soltanto perché era concentrato sugli accordi. Ho mandato giù un sorso di bianco del Gargano, mentre il sole iniziava ad abbassarsi.

“Che hai?” mi chiede Dalila.

Indeciso se risponderle o meno, bevo un altro sorso. Il sole piano piano va ancora giù. Sono anni che non mi godo un tramonto così.

“Ho visto un ragazzo passare e…”

“È così strano vedere un ragazzo passare da queste parti?”

“No, è che mi sembrava di conoscerlo, aveva qualcosa di familiare”

“Hai parenti a Peschici?”

“In un certo senso, sì”.

Non si cura di quella frase, mi prende per mano e mi porta a vedere il tramonto dal Trabucco. Tira fuori dalla borsa lo smartphone e inizia a fotografare. Mentre io fotografo lei. Non ci trovo nulla di male. È romantico.

“Sai cosa penso?” mi dice mentre scatta

Io non le rispondo, le metto solo una mano sul fianco. Accomodante ma possessivo, allo stesso tempo.

“Che dovremmo vedere più tramonti insieme. Mi hai mandato un sacco di belle foto, e io anche. Ma io non voglio più accontentarmi delle foto. Voglio guardare il tramonto con te, e tenerti per mano”

“Lo sai che…”

“Non dirmelo – mi toglie il bicchiere di vino dalle mani – baciami adesso”.

Le accarezzo i capelli e le sposto il ciuffo che le cade proprio davanti agli occhi. Impedendole di guardarmi.

“Toglimi il respiro” dice.

Le metto una mano sul collo. Lo stringo, attento però a non farle del male.

“Devi stingere più forte”.

“Non ce la faccio. Non riuscirei a farti del male nemmeno per gioco”

È stato in quel momento che mi ha guardato negli occhi così intensamente che ho pensato che avrei potuto morire lì. Il ragazzo con la chitarra mi ha guardato dal basso, si è fermato a suonare una canzone per me. Non era bravissimo, anzi, la chitarra la suonava molto male. Ma ci sapeva fare. Inizio a cantare anche io.

“Che fai canti da solo?”

“Come da solo, c’è il ragazzo che suona proprio…”

Mi accorgo che non c’è più.

“Questo vino inizia a fare effetto eh?”

Mi affaccio sul mare. La vista è mozzafiato. Il ragazzo già non c’è più. In compenso arriva Marco con due piatti.

“E  voi l’aperitivo non lo volete fare? C’è pure il caciocavallo podolico”

Ci sediamo a guardarci mentre il sole si abbassa ancora e le bruschette con il pomodoro e il caciocavallo podolico onorano la tipicità del Gargano ed esaltano l’aroma del vino. Il piatto si completa con melanzane sott’olio, salamino di Faeto, zucchine in carpione, fritte e poi condite con una marinata a base di vino e aceto, aromi e cipolla. Vedo l’estasi negli occhi di Dalila.

“Come si chiamano queste zucchine?”

“In carpione”

“E che vuol dire?”

“Non l’ho mai capito, ma suona bene”

“Mi sono innamorata della Puglia”

“Mi sono innamorato di te. Credo.”

Poi ricordo solo che il sole si è nascosto dietro il promontorio, che è arrivato un vento leggero ma deciso e che noi due ci siamo stretti ancora di più.

“Non voglio ripartire” mi dice Dalila

“Non devi..”

Poi torna ancora lui. il ragazzo. E stavolta lo riconosco. Chiedo a Dalila di aspettarmi, non può capire ma si siede a gustare un altro po’ di vino.

Il ragazzo sembra spaventato ma inizio a chiamarlo. Prima a bassa voce, poi con un tono sempre più severo, finché non si gira indispettito.

“Chi ti credi di essere?”

“Che ci fai qui, tu?”

“Non me ne sono mai andato. Questo è il mio posto nel mondo”

“Ma quale posto nel mondo, devi crescere. Pensi di poter stare ancora per molto tempo qui con una chitarra a cantare alla ragazze? E poi, diciamolo, non sai suonare”

“Tu come te la cavi?” Mi allunga la chitarra.

Scelgo i suoi stessi identici accordi.

“Non sei migliorato per niente” mi disse.

“È paradossale, non puoi stare qui”

“Tu non puoi stare altrove. È questo il tuo posto nel mondo, lo sai”.

“Ma se non sono mai venuto qui”.

“Non su questa spiaggia, ma Peschici è casa tua. Qui sei sincero. Qui sei tu.”

“E tu che ne sai se io sono sincero?”

Non mi risponde. Continua a suonare. Non sono mai stato su quel Trabucco meraviglioso, ho sempre visto Peschici da un’altra angolazione. Ma dall’alto mi sembra tutto più chiaro.

“La ami?” incalza.

“Da morire”

“Allora diglielo. Pensi che potrai vedere ancora tutti questi tramonti ogni volta che vorrai?”

Ha ragione. Avevo visto troppi tramonti con persone sbagliate.

“Va da lei, non dirle nulla di me”

“Mi sembra assurdo prendere consigli da un brufoloso poco più che adolescente”

“Hai perso incoscienza. Dovresti non avere paura”

Sparisce. Non prima di avermi guardato per bene. Per ricordarsi chi sarebbe diventato, quindici anni dopo.

Faccio le scale in fretta. Dalila è ancora lì, non si è mossa. Mi sorride. Non fa nessuna domanda. Solo un gesto con la mano. Indica il posto in cui avrei dovuto sedermi.

“Tutto bene?”

“Sì, cioè, sono un po’ confuso…”

“Non sei confuso. Sei dolce. E io mi perdo in questa tua dolcezza. E lo sai che quando ridi ti si crea una curva, sopra la guancia, che sembra abbracciare tutto quello che ti circonda? Io voglio saperti felice, ovunque tu sia. Con me o senza me, ma felice.”

“Voglio vedere più tramonti con te. Promettimi che resti”.

Il ragazzo passa ancora di lì. Sorride. Gli si crea una curva, sopra la guancia, che sembra abbracciare tutto quello che lo circonda. Dalila non risponde, ma ci baciamo e respiriamo l’uno dalla bocca dell’altro. Il ragazzo riprende a suonare, il sole cala definitivamente a picco e il nostro posto nel mondo diventiamo noi.