«Sopravvivremo a questo caldo?»

Non era Jovanotti e neppure Belen, era questo il vero tormentone dell’estate 2015.

L’asticella del termometro puntava talmente alto che il mio appartamento sembrava una sauna e le mie caviglie erano tanto gonfie che i cani le scambiavano per tronchi d’albero e ci facevano la pipì. Il mio conto corrente, invece, era sempre in rosso tanto che neanche Bono Vox avrebbe sposato la causa di risanare i miei debiti, quindi di condizionatori non se ne parlava proprio. Fu in questo forno di disperazione che approdai all’idea di sopravvivere nutrendomi di estratti di frutta.

In meno di un giorno passai dalle video ricette su YouTube, all’iscrizione a un open day gratuito a tema “Benessere e nuovi orizzonti”.

La giornata scorse tra un corso di yoga fluido e uno di campane tibetane. In tutta onestà, l’aria condizionata puntata costantemente sui 5 gradi era la cosa più interessante in programma: io tornai a respirare, con la certezza che miei capezzoli avrebbero bucato la maglietta di lì a poco.

Finalmente arrivò il momento del seminario di alimentazione vegana. La signora aveva apparecchiato la cattedra con l’intero raccolto di un anno del Uomo del Monte e della Santal messi insieme, e lo usava per preparare colorati beveroni. Nel deliziarci con i suoi estratti di frutta, ci intratteneva raccontandoci con pacato orrore dei trattamenti riservati agli animali da allevamento, dalle mutilazioni dei maiali alle mungiture intensive delle vacche. Risultato: a fine serata ero fermamente convinta che mi sarei cibata di sola erba per il resto della mia vita.

E fu con questa ferrea certezza che tornai a casa sventolando con fierezza l’acquisto del secolo, quello che avrebbe rivoluzionato la mia vita e quella del mio ragazzo.

Avevo acquistato l’ultimo modello di estrattore a freddo, l’unica macchina capace di mantenere inalterate vitamine e minerali di frutta e verdura, al contrario dei succhi in commercio pieni di zuccheri e conservanti. Insomma, come non amarmi per l’impegno che mettevo nella lotta ai nostri lardominali di coppia?!

Preparai sotto i suoi occhi un succo di pesche, albicocche e anguria: un vero elisir dissetante, dolce e profumato. Chiunque mi avrebbe chiesto di sposarlo, non lasciarlo mai più e continuare a estrarre fino a che morte non ci avesse separato.

«E quanto sarebbe costata la nostra nuova fonte di vita eterna?»

La doccia fredda arrivò al posto dell’anello.

La scoppiettante presentazione degna di un Giorgio Mastrotta in gran forma, non era bastata e il mio ragazzo aveva inquadrato in un secondo l’unico problemino connesso con il nuovo acquisto. L’attrezzo, infatti, costava quasi quanto una rata del mutuo di casa, ma nessuna delle varie opzioni di utilizzo contemplava ripararmi dalla pioggia o stipare ordinatamente tutte le mie scarpe. Effettivamente…

Quando ammisi quanto l’avevo pagato, partì la Cavalcata delle Valchirie.

Il ragazzo cominciò a fissarmi come se fossi diventata verde e con le antenne, iniziando una lista interminabile di buoni motivi per convincermi che avevo fatto una gran cazzata.

Va bene, ma un po’ di comprensione per un’irrazionale, e alquanto normale, sessione di shopping imprevista! L’avevo fatto per un buon fine, in fondo, e questo doveva pur contare qualcosa. Non c’era bisogno di tirare fuori la vecchia uniforme della Getsapo.

Personalmente sono poco incline a subordinare la mia felicità a quella altrui, e non ci volle molto per convincermi a ribattere con la stessa prepotenza. La scena ricordava l’incontro tra Tyson e Holyfield, ma non sapevo di preciso chi avrebbe staccato l’orecchio a chi. La sua logica inflessibile unita al suo fiato inesauribile mi fecero desiderare una cosa sola: essere di nuovo single.

Dopo un anno posso ammettere con una certa sicurezza che l’estrattore fu un elemento chiave nella fine della nostra storia, già alla frutta a dir il vero.

Ora, immagino non ci sia bisogno che approfondisca perché nella divisione dei beni comuni, a me toccò il benefico aggeggio e a lui la meno salutare televisione da 45’ pollici.